Rwanda, aprile 1994. Per cento giorni, a partire dal 7 del mese, nel Paese delle mille colline viene perpetrato uno spaventoso genocidio preparato minuziosamente a tavolino, il più grave della storia del Novecento dalla fine della seconda guerra mondiale. In quella primavera di sangue almeno 800.
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000 persone trovarono la morte per mano degli estremisti hutu, nella totale inazione della comunità internazionale. Un quarto di secolo dopo il genocidio dei tutsi, il Rwanda è un Paese dinamico che, seppur con molte contraddizioni, guarda con fiducia al futuro. La comunità internazionale, invece, non ha ancora riflettuto su quello che è stato il suo più grande fallimento: il non aver impedito un genocidio, pur avendo i mezzi e il tempo per farlo, in stridente contrasto con quel "mai più" solennemente dichiarato dopo gli orrori di metà del secolo.