Rivisitando in una cifra del tutto originale le correnti più significative della filosofia politica moderna (giusnaturalismo, contrattualismo, repubblicanesimo), il Contrat social delinea il progetto possibile, sebbene non attuabile qui ed ora, di una Repubblica costruita sul patto normativo.
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Se il giusnaturalismo rintraccia nel diritto naturale la base pre-politica necessaria al patto, Rousseau cambia paradigma, individuando nella libertà e nell’uguaglianza gli elementi costitutivi della natura umana. Creando una comunità cooperativa, il contratto sociale trasforma gli individui in cittadini in un modo che richiama il ruolo del Legislatore, una sorta di mediatore politico e sociale tra le varie componenti dello Stato; il problema della convivenza politica trova così nuove e originali risposte. La Repubblica si fonda sulla sovranità (radicata nel rapporto di reciprocità con i sudditi) e sulla volontà generale, non traducibile in semplici termini numerici; Rousseau la definisce più volte “costante” per sottolineare come essa sia l’unica garanzia di una società che si occupi del bene comune, andando oltre gli interessi individuali che tuttavia la costituiscono. Un ruolo importante nel Contrat giocano i capitoli sui governi e sulle magistrature romane, i quali, senza porsi in contraddizione con il resto dell’opera, svolgono temi che vanno oltre la sfera della normatività. Ritorna invece su questo terreno l’ultimo capitolo sulla religione civile, che individua nella sociabilité il fondamento della cittadinanza repubblicana.