Non è certo un caso che quasi tutti i sardi che ebbero un qualche ruolo nella R.S.I.
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, da Barracu a Sulis, da Ugo Manunta a Stanis Ruinas, da Luigi Contu a Vincenzo Lai, si ritrovarono in quel vasto schieramento politico e culturale che alla critica più che radicale al cosiddetto “fascismo-regime”, autoritario, conservatore e illiberale, univa la richiesta della libertà di stampa, del pluralismo partitico, l’indizione di una costituente e la socializzazione dell’economia. Come non è certo un caso se Barracu poteva dire alla radio, parlando ai sardi: “...La Sardegna avrà, in base al nuovo ordinamento, l’autonomia necessaria che la sua configurazione, la sua posizione geografica e il suo passato, le hanno dato il diritto di sognare e di avere". A Salò il segno di riconoscimento dei sardi era la lingua sarda. Questo faceva premio su qualunque altro fattore e imponeva una solidarietà e quasi una parentela che andava ben oltre le differenze politiche o ideologiche.