Banksy è il simbolo dell’“arte allo stato urbano” che sta modificando il volto delle nostre città. Nel 2010 Time lo ha incluso nella lista dei cento individui più influenti al mondo. Non si conosce con certezza la sua identità, eppure è uno dei creativi contemporanei più seguiti, da chi lo celebra come testimone geniale dello zeitgeist a chi lo declassa a effimero fenomeno commerciale.
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Quali sono i motivi che rendono l’autore di opere spesso elementari e destinate a vita brevissima un artista ormai di culto globale? Quale radice comune, se ne esiste una, può legare queste immagini spesso delicate e minimali alle esplosioni di colore sovente incomprensibili della street art? Come può questo artista divisivo, questo “vandalo” imbrattatore di muri vedere il proprio lavoro esposto in un vero museo, a pochi metri dai capolavori “istituzionali” dei grandi maestri? E apprendendo dell’anonimato di Banksy, dell’organizzazione che lo protegge, della attenta strategia che segue ci si chiede anche: è arte o marketing? Le domande alle quali il libro è dedicato non ricevono ancora una risposta strutturata da parte dell’accademia. Le istituzioni culturali sono oggettivamente in difficoltà nel confrontarsi con un soggetto che pare avere come unico desiderio quello di sfuggire al loro controllo, ridicolizzandole. Il sistema dell’arte contemporanea, attratto dalle ghiotte opportunità di profitto, tenta sistematicamente di normalizzare Banksy senza mai riuscirvi completamente. Si deve quindi obbligatoriamente procedere per via empirica, partendo da una biografia necessariamente frammentaria, cercando di trarne i riferimenti culturali essenziali, trasferendoli in una ricostruzione del tutto soggettiva dei tratti essenziali della poetica banksyana per approdare infine alle dimensioni del rapporto con il sistema e dell’influenza delle esigenze del marketing. La dimensione della contraddizione nella quale Banksy si muove è alla base di chi voglia azzardare un giudizio compiuto sulla sua opera, quella del sovversivo che si ritrova componente di pregio del meccanismo che vorrebbe annientare. È in essa che giace l’elemento di verità che ne legittima il ruolo di artista, come ha ben sintetizzato Shepard Fairey, un altro grande creativo contemporaneo: “Banksy riassume in sé alla perfezione il mondo dell’arte: l’autentico intrecciato all’assurdo”.