Al termine di un drammatico iter processuale durato dal 1988 al 2003, i giudici italiani hanno considerato pienamente attendibile la versione offerta dal "pentito" di Lotta continua Leonardo Marino su chi e come avesse ucciso il commissario Luigi Calabresi, la mattina del 17 maggio 1972 a Milano.
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Da quei processi è venuta una condanna a ventidue anni per i tre ex compagni di Marino. Nel frattempo Bompressi è stato graziato dal presidente della Repubblica, Pietrostefani s'è dato latitante in Francia, Sofri è agli arresti domiciliari per gravi motivi di salute. Eppure in Italia una parte larga e talvolta autorevole dell'opinione pubblica continua a credere nell'estraneità totale di Lc a quel delitto. Di tutti gli atti del terrorismo anni Settanta, questo sarebbe l'unico irrisolto e misterioso, compiuto da gente venuta dal nulla e tornata nel nulla senza lasciare traccia. Secondo i sostenitori più accaniti della tesi innocentista, Marino è soltanto un bugiardo che s'è inventato tutto e al quale i giudici hanno creduto in ragione della loro ostilità preconcetta nei confronti di Lc. Ventimila pagine di atti processuali documentano un'altra storia, un'azione che per Giampiero Mughini è nata "dalle viscere di Lotta continua", a cominciare dalla campagna implacabile condotta contro Calabresi, indicato senza alcuna verità come capro espiatorio della tragedia di piazza Fontana.
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