Simboli dell'epoca coloniale, gli "zoo umani" sono stati completamente rimossi dalla nostra memoria collettiva. Tuttavia, le esibizioni dell'esotico sono state in Occidente una tappa fondamentale del passaggio da un "razzismo scientifico" a un "razzismo popolare".
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A partire dall'inizio del XIX secolo, cioè con l'esibizione in Europa della Venere ottentotta, esse hanno interessato milioni di spettatori, da Parigi ad Amburgo, da Londra a New York, da Mosca a Milano. In queste esibizioni "antropozoologiche", individui "esotici" mescolati a bestie selvagge venivano messi in scena dietro sbarre e cancelli. Legittimate dalla scienza, esse costituivano la prova evidente dello scarto tra discorso e pratica al tempo della costituzione degli imperi. Valutati dagli scienziati, sfruttati nei cabaret, utilizzati nelle esposizioni ufficiali, uomini, donne e bambini provenienti dalle colonie diventavano i figuranti di un immaginario e di una storia che non erano i loro. Prima opera di sintesi sull'argomento, Zoo umani mette in prospettiva la "spettacolarizzazione" dell'Altro - di cui i reality show costituiscono l'ultima trasformazione -, all'origine di molti degli stereotipi attuali. La posta in gioco di quest'opera è quella di capire la costruzione dell'identità occidentale.